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La Puglia, gli scacchi, la fisica e altre gioie dello spettatore silenzioso

Tavoliere, ovvero nomina sunt consequentia rerum.





Lungo la A14 c’è, a fare da confine tra il Molise e la Puglia, il casello di Poggio Imperiale. Lo chiamano anche Porta della Puglia e del Gargano. Oltre inizia quello che si suole chiamare tavoliere delle Puglie, una vasta zona pianeggiante – in Italia seconda per ampiezza solo alla pianura padana – formatasi nel Quaternario, sia per emersione dal mare sia per accumulo di materiali d’alluvione portati dai fiumi appenninici. Al centro del Tavoliere sta la provincia di Foggia, l’antica Daunia, famosa per le ceramiche, le stele e, tra le sculture, il trapezophoros, unico a quanto si sa nel suo genere.

Pare che il nome Tavoliere delle Puglie derivi dalle Tabulae censuriae, documenti del catasto imperiale romano utilizzati per registrare e catalogare i terreni e la loro destinazione d’uso, compresa dunque questa immensa distesa di terre piane allora adibita a pascolo. Il nome non ha così in questo uso alcuna affinità col significato di tavolo da gioco, vale a dire il ripiano distinto da segni e riquadri usato ad esempio per i dadi, la dama, gli scacchi.

Ciò malgrado, a Poggio Imperiale ogni anno nel primo Week-end di agosto si svolge il Palio di dama vivente, un torneo di dama tra diversi maestri del gioco, a cui segue una rappresentazione vivente su quella che è la più grande damiera fissa d’Europa. Il gioco della dama – ispirato per via castigliana (alquerque) a un antichissimo gioco egizio e poi modificato in area provenzale (fierges) fino al consolidamento nel jeu aux dames, verso il 1200 – è popolarissimo e molto interessante. Se ne contano diverse varianti nazionali – tra cui quella italiana – giocate su varie damiere (8×8, 10×10, 12×12); esiste una federazione internazionale e una versione del gioco che rappresenta lo standard per i campionati mondiali, europei e per i tornei internazionali; viene chiamata anche Dama polacca, benché non abbia a che fare coi Polacchi o con la Polonia, dove il gioco arrivò tardi e attraverso la Russia. Pare anzi che la versione oggi usata internazionalmente sia stata elaborata in Francia a fine Settecento.

La dama ha avuto nel tempo numerosi estimatori ed è probabilmente il gioco con più

varianti nazionali e che mantiene al contempo alcune fondamentali regole di base. È nota per altro la rivalità con l’altro famoso gioco da tavoliere con pedine: gli scacchi.

Colgo l’occasione per chiarire che le più alte facoltà della riflessione sono utilizzate più intensamente e con maggior profitto dal modesto gioco della dama che da tutta l’elaborata futilità degli scacchi. In questo gioco, dotato di pezzi dai movimenti molteplici e bizzarri, con valori diversi e variabili, la complessità, per un errore molto comune, viene scambiata per profondità. Più di altro è messa in gioco l’attenzione. Basta allentarla un attimo e si cade in errore, il che comporta un danno, se non la sconfitta. Poiché le possibilità di mosse sono, non soltanto multiformi, ma anche complicate, le possibilità di errore sono moltiplicate; e in nove casi su dice vince il giocatore più attento, non il più abile. Nella dama, al contrario, dove le mosse sono uniche, con solo poche varianti, le possibilità di distrazione sono ridotte al minimo, l’attenzione non è catturata interamente e tutti i passi avanti registrati da ognuno dei giocatori non possono che essere appannaggio di chi ha maggior acume[1]


In questo notissimo racconto, uno dei tre aventi come protagonista il prototipo dell’investigatore che la letteratura europea conosca: Auguste Dupin, il narratore cerca di convincere il lettore circa la sopravvalutazione degli scacchi come esempio di applicazione delle facoltà analitiche, laddove a suo dire invece sono in gioco piuttosto la memoria e l’attenzione, a differenza della dama la cui apparente modestia è simbolo della linearità e rappresentazione delle capacità che muovono verso la risoluzione dell’enigma.

Altrove, d’altra parte, la appena vituperata molteplicità e bizzarria dei possibili movimenti dei pezzi presenti sulla scacchiera è stata utilizzata come positivo esempio di quanto accade in natura. Chi ha avuto la fortuna di leggere Sei pezzi facili di Richard Feynman ricorderà forse queste parole dell’autore:

Cosa si intende quando si dice che «capiamo» una cosa? Possiamo immaginare che questo complicato apparato di cose in movimento che chiamiamo “mondo” sia simile a una partita di scacchi giocata dagli dèi, di cui noi siamo spettatori. Non conosciamo le regole del gioco; tutto ciò che ci è permesso è guardare la partita. Naturalmente, se guardiamo abbastanza a lungo, alla fine afferreremo alcune regole di base. Le regole del gioco sono ciò che chiamiamo fisica fondamentale. Anche se le conoscessimo tutte, comunque, potremmo non essere in grado di capire perché viene fatta una data mossa, magari perché è troppo complicata, e le nostre menti sono limitate. Se giocate a scacchi sapete che è molto facile impararne le regole, ma è molto difficile, spesso, scegliere la mossa migliore, o capire perché un giocatore faccia una certa mossa. Così è in natura, solo lo è ancora di più […][2].

Le connessioni, le relazioni, la possibilità di intravedere e formulare regole valide universalmente e riuscire a dare delle definizioni ai fenomeni descritti, come a fissare nel tempo una piccola tappa nel tortuoso itinerario che chiamiamo conoscenza.


Carica e attrazione

Il ciclo delle lezioni di Feynman, dopo alcuni paragrafi introduttivi, parte da un’affermazione capitale, nella quale secondo l’autore è condensata la maggior quantità di informazioni relative alla fisica nel minor numero di parole ed è l’ipotesi atomica e cioé che tutte le cose sono fatte di atomi, piccole particelle in perpetuo movimento che si attraggono a breve distanza, ma si respingono se pressate l’una contro l’altra. (Che questo valga quotidianamente per i mortali, dunque, non dovrebbe sorprendere).


Non sono un fisico e non posso parlare né di fisica né di molte cose contenute in questo fortunato libro. Posso però usarlo in modo indiretto e, spero, non blasfemo.

Nella seconda lezione, dove viene offerto un panorama dei concetti della fisica di base, Feynman ci porta a spasso tra le forze e introduce il concetto di carica per spiegare da cosa dipenda la forte interazione tra gli atomi. Feynman dice, in modo anche alquanto poetico, che quando sono vicini e questa interazione è forte, gli atomi riescono a vedersi dentro e a modificare la loro distribuzione di cariche. La carica si misura in coulomb, in onore dello scienziato francese Charles Augustin Coulomb che tra presentò all’Académie des sciences di Parigi trail 1785 e il 1791 ben sette memorie sull’elettricità e il magnetismo spiegando le leggi di attrazione e repulsione tra cariche elettriche e poli magnetici. Coulomb morì il 23 agosto del 1806, dopo aver passato gli ultimi quattro anni di vita come ispettore delle scuole, così carica attribuitagli da Bonaparte.

Carica e responsabilità



Ogni anno, tra il 19 e il 22 agosto, a Sant’Eufemia un rione del comune di Tricase (Le) si tengono i festeggiamenti religiosi e civili per la Madonna del Gonfalone, presso la cripta omonima. Io purtroppo l’ho trovata chiusa, e ho potuto visitare solo l’esterno, ma per la storia e il significato religioso del sito e della festa vi rimando a questo approfondito articolo. Dal punto di vista civile, pare che il 22 agosto fosse il giorno in cui, da queste parti, il Gonfaloniere (Podestà) venisse a esercitare la giustizia.

Per spezzare il viaggio tra casa e Lecce, abbiamo fatto una doverosa sosta a Recanati ed è qui che, ascoltando la guida che ci conduceva tra le stanze della famosa biblioteca di casa Leopardi, ho imparato qualcosa sul conte Monaldo il quale, per ben due volte, dal 1816 al 1819 e dal 1823 al 1826, è stato gonfaloniere della città. Per quanto sia passata alla storia un’immagine del conte di uomo reazionario a antiprogressista, va invece acclarato che durante la sua attività politica il conte Monaldo si è impegnato in modo mirabile al miglioramento delle condizioni dei suoi concittadini. Tra le tante attività, e per tornare a lambire il tempo presente, fu Monaldo a introdurre nello Stato pontificio il vaccino anti-vaiolo dell’inglese Edward Jenner, sperimentato dapprima sui suoi figli, rendendolo obbligatorio e somministrandolo in prima persona.

Il Papa, che aveva per altro concesso a Monaldo di tenere numerosi libri posti all’indice e di farli leggere ai figli, non aveva trovato alcunché da dire sul progetto della vaccinazione obbligatoria. Evidentemente non era, allora, più tempo di stupide crociate.


[1] Edgar Allan Poe, I delitti della Rue Morgue, in: Id., Tutti i racconti del mistero, dell’incubo e del terrore, Newton Compton, 19933, Roma, trad. it. di Daniela Palladini e Isabella Donfrancesco

[2] Richard P. Feynman, Sei pezzi facili, Adelphi, 2000, Milano, trad. it. di Laura Servidei

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